Con un’ interessante sentenza dello scorso 3 maggio, il Tribunale di Roma si è pronunciato sul tema del lavoro subordinato svolto nello specifico ambito degli uffici stampa, confermando la fondatezza dei rilievi accertati dall’Inpgi nel corso di una verifica ispettiva.
In particolare, il giudice ha condannato una società operante nel settore della comunicazione istituzionale e nella fornitura a terzi di servizi di ufficio stampa e rapporti con i media, al pagamento in favore dell’Istituto di previdenza della somma complessiva di circa 140.000 euro relativa al rapporto di lavoro intercorso con una giornalista che, ancorché formalmente qualificato come collaborazione libero-professionale, si era di fatto sostanziato nello svolgimento in via esclusiva di attività giornalistica con le modalità tipiche della subordinazione.
Tra gli aspetti più rilevanti della decisione del Tribunale emerge la particolare qualificazione della natura giornalistica dell’attività svolta all’interno degli uffici stampa, riconosciuta anche qualora la stessa venga prestata presso “clienti” terzi, esterni alla società datrice di lavoro e legati con questa da rapporti commerciali di fornitura di servizi di comunicazione e relazioni con i media.
E’ stato riaffermato, in sostanza, il principio in base al quale, a prescindere dal contesto nel quale opera il datore di lavoro – nella specie, come detto, una agenzia di “relazioni pubbliche che fornisce consulenza strategica e servizi di comunicazione integrata per aziende, enti e istituzioni” – e di quanto formalmente convenuto tra le parti circa l’oggetto della prestazione lavorativa – definita contrattualmente come una “collaborazione di assistenza nell’attività di relazioni pubbliche” – ciò che rileva, ai fini della qualificazione della fattispecie sotto un profilo giuslavoristico e previdenziale, è la modalità con la quale sul piano sostanziale si è concretamente atteggiato il rapporto di lavoro.
Sulla scorta di tali premesse, è stata correttamente ricondotta nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, di natura giornalistica, l’attività consistente nella “stesura dei comunicati stampa, organizzazione di conferenze stampa, cura dei rapporti con i media attraverso l’invio dei comunicati e l’invito alle conferenze stampa, rassegna stampa e redazione di cartelle stampa per i giornalisti”.
La sentenza in questione, inoltre, ha sottolineato un aspetto processuale di particolare rilevanza, in quanto – nel caso di specie – il giudice ha ritenuto maggiormente attendibile, ai fini probatori, il contenuto delle dichiarazioni dei lavoratori acquisite e verbalizzate dagli ispettori in sede di accertamento, rispetto a quanto successivamente dichiarato dagli stessi nell’ambito del procedimento giudiziale.
Rilevata infatti la ricorrenza di alcuni elementi contraddittori tra le due versioni dei fatti, il Tribunale ha ritenuto che la prima – resa nell’immediatezza dell’accertamento – fosse caratterizzata da un grado di spontaneità e veridicità superiore, giudicando altresì poco credibile che, per il livello di professionalitaà posseduto da un giornalista iscritto all’albo professionale, il teste non avesse avuto – così come sostenuto dai legali della società – piena consapevolezza del significato delle espressioni utilizzate nelle dichiarazioni verbalizzate dagli ispettori.
Quanto affermato dal Giudice costituisce un principio in grado di rafforzare ulteriormente i risultati dell’attività di controllo dell’Inpgi e di rendere ancor piu’ efficace la rilevanza probatoria degli elementi acquisiti nel corso delle attività ispettive poste in essere.
fonte: inpginotizie