Il giornalismo nell’era della tecnologia esaminato nell’intervento della presidente dell’Inpgi Marina Macelloni al convegno Adepp che si è svolto a Bruxelles. Ecco il testo:
“C’è un settore industriale, nel mondo e in Italia, fortemente permeato dalla digitalizzazione ma che non ha avuto benefici dall’economia digitali, anzi ne è stato travolto con effetti recessivi ormai da un decennio.
Negli ultimi cinque anni il giro d’affari mondiale dell’industria dell’informazione è calato dell’8,4 per cento, passando da 167 a 153 miliardi di dollari. Nello stesso periodo sono aumentati i ricavi della pubblicità digitali (+32%) e della diffusione digitale (+254%), ma il 91% del giro d’affari mondiale del settore viene ancora dalla carta (diffusione e pubblicità).
Questo succede perché la pubblicità digitale non arriva nelle casse degli editori: è stato calcolato che su un euro speso in pubblicità digitale dall’inserzionista, solo 29 centesimi arrivano all’editore, il resto va alle cosiddette advertising tech companies, i giganti del web, in particolare Google e Facebook.
In Italia la situazione è se possibile ancora peggiore. Negli ultimi cinque anni il giro d’affari dell’editoria è sceso del 30%, da 5 a 3,7 miliardi di euro. Nello stesso periodo i grandi operatori del settore hanno accumulato perdite per 2 miliardi. La diffusione cartacea è scesa del 33 per cento in cinque anni. Questo ha comportato da parte di tutti gli operatori del settore un forte taglio dei costi che ha interessato ovviamente anche il costo del lavoro (-27% in cinque anni).
Per la professione giornalistica gli effetti sono stati devastanti: il 15 per cento di rapporti di lavoro attivi peso in 5 anni, mentre nello stesso periodo l’occupazione in Italia è cresciuta dell’1,5 per cento. Il reddito medio annuo dei giornalisti dipendenti è calato da 62mila euro a 59mila euro ma i nuovi assunti hanno redditi medi che non superano i 24mila euro. L’espulsione di giornalisti dipendenti dalle redazioni ha comportato una crescita vistosa e costante del lavoro autonomo: gli iscritti alla gestione separata, sempre negli ultimi cinque anni, sono aumentati del 28%. Ma si tratta di lavoratori con redditi molto bassi: la media annua dei giornalisti autonomi e’ di circa 10mila euro e sui 33mila iscritti oltre 6mila guadagnano meno di 2mila euro l’anno.
I numeri ci dicono che siamo di fronte a un cambiamento epocale della nostra professione. Cambia il modello produttivo, cambiano le modalità di fruizione, cambiano gli attori del sistema, cambia profondamente il nostro lavoro.
Dobbiamo cambiare anche noi che, come cassa di Previdenza, abbiamo il dovere di interrogarci sul futuro dei nostri iscritti: la sfida per noi oggi è diventare la cassa che rappresenta e tutela il lavoro che cambia. E’ una sfida che all’Inpgi oggi è imposta dai numeri ma che deve coinvolgere tutte le casse dei professionisti italiani. Ne va della sostenibilità dei nostri conti e di conseguenza della nostra capacità di restare autonomi e di continuare a garantire diritti sociali e protezione per tutti i nostri iscritti anche in futuro.