«Rischiamo di veder ridurre sempre più gli spazi dell’informazione in questo Paese: il lavoro nel settore è sempre più precario e senza attenzione a lavoro e previdenza non ci può essere informazione di qualità. Per questo chiediamo al governo e al presidente del Consiglio, Mario Draghi, risposte e attenzione per il settore». Il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, ha aperto così la conferenza stampa convocata per presentare le iniziative di mobilitazione del sindacato che giovedì 20 maggio, alle 10, sarà in piazza per ribadire la necessità di un patto per l’articolo 21 della Costituzione.
«Nel passato anche recente sono arrivate parole importanti di solidarietà, ora è il momento di passare dalle parole ai fatti», ha aggiunto Lorusso, ricordando l’intervento alla vigilia della manifestazione del presidente dell’Agcom, Giacomo Lasorella, che ha evidenziato come la concreta attuazione del dettato costituzionale sul diritto all’informazione passi anche attraverso il giusto compenso e la tutela previdenziale dei giornalisti.
«Riteniamo che nel Piano di ripresa e resilienza debba esserci più attenzione per l’informazione e chiediamo che nella ricostruzione del Paese sia data centralità a questo settore vitale per la democrazia. Per questo è necessario avviare subito un confronto serio e serrato», ha incalzato Lorusso.
Tanti i temi al centro della manifestazione del 20 maggio, provvedimenti “a costo zero” la cui mancata attuazione pesa sul diritto dei cittadini ad essere informati: dall’abolizione del carcere per i cronisti al contrasto alle querele bavaglio, dalla tutela delle fonti alla riforma della governance della Rai, dalla revisione del sostegno pubblico al pluralismo alla riforma del sistema radiotelevisivo fino al contrasto alla precarietà dilagante nel giornalismo, con la determinazione dell’equo compenso per i lavoratori autonomi, l’abolizione delle collaborazioni cococo, la stabilizzazione di chi fa informazione senza un giusto contratto.
E poi il tema della previdenza e «della salvaguardia dell’Inpgi, baluardo di indipendenza e autonomia della categoria – ha concluso Lorusso – nella consapevolezza che senza buona occupazione non c’è riforma che funzioni. Non vorremmo che la transizione digitale diventi la premessa per una ulteriore distruzione di posti di lavoro e a una ulteriore riduzione del pluralismo. Dalla piazza rivolgeremo un appello al presidente Draghi affinché dia impulso al confronto sull’informazione e sui diritti, tutele e garanzie da riconoscere a chi fa informazione».
«Senza lavoro non c’è previdenza», ha ribadito la presidente dell’Inpgi Marina Macelloni, che ha ricordato come negli ultimi anni l’Istituto abbia pagato oltre 500 milioni di ammortizzatori sociali e che «senza il sostegno della Cassa molte aziende editoriali non ci sarebbero più. Quello che chiediamo – ha evidenziato – è che si condivida la visione di un Istituto che soffre perché mancano le entrate e che si condivida l’analisi di un Ente che ha fatto la sua parte. È inutile concentrarsi solo sui tagli: non risolvono la situazione e, anzi, tagli al costo del lavoro la aggravano. Chiediamo che il governo consideri la vicenda Inpgi come un pezzo della crisi complessiva del mondo dell’informazione. Solo in quest’ottica si può risolvere il problema».
In chiusura il presidente Giulietti ha rimarcato la necessità di «far capire ai cittadini che la battaglia è per loro. Quella di giovedì non è una iniziativa contro qualcuno, ma una manifestazione di speranza. In piazza ci saranno i rappresentanti della categoria, i colleghi precari, donne e uomini legati dall’amore per la Costituzione: sarà una piazza della dignità del lavoro e della Costituzione».
«L’Inpgi – ha aggiunto – deve restare autonomo per garantire l’indipendenza della categoria. L’idea di un commissario è inaccettabile perché non si è voluto prima approvare provvedimenti a tutela del lavoro e della libertà di informazione. Chiediamo alle autorità di accendere i riflettori sull’articolo 21 della Costituzione e che i temi che poniamo siano alla base della ricostruzione del Paese. Se non ci saranno risposte in questo senso la conseguenza sarà un conflitto che non potrà che essere adeguato alla gravità della situazione che riguarda il dovere di informare e il diritto di essere informati».